Uno degli aspetti più infami della biotruffa a basie di biogas è la furbata di trasformare l’azoto in eccesso della ipertrofica zootecnia industriale padana (in primis lombarda) in azoto legalmente inesistente. Azoto che “non esiste” ai fin del famoso limite di 170 kg di azoto per ettaro. Chiaro che se l’azoto dei digestati diventa “virtuoso” e da non contare la spinta a “farsi la centrale” a biogas diventa più forte. Un bel regalo (si potrebbe dire un “favoreggiamento” all’industria del biogas e di tutti coloro che  ci mangiano sopra). Ma di cosa meravigliarsi in una situazione in cui più di un assessore regionale lombardo è direttamente nel business del biogas? E in cui tante ditte, professionisti, esperti stanno in piedi (o ingrassano) grazie al biogas?
La Regione Lombardia ha molto investito su questa linea finanziando ricerche su ricerche a milionate) a enti di ricerca pubblica che ,invece che ricercare qualcosa che migliori l’ambiente, tuteli la saluti, migliori la qualità delle produzioni agroalimentare, ricercano come consentire alle filiere agroindustriali di inquinare maggiormente facendola franca in barba alle normative. Se questo è lo scopo della ricerca scientifica pubblica siamo messi bene. Ognuno si para il culo a vicenda. Gli enti di ricerca citano il committente pubblico (le regioni), le regioni si appellano alla necessità di salvare il “mondo agrozootecnico. In realtà lo consegnano sempre più mai e piedi alle lobby industriali ma la tiritera funziona sempre (finché c’è qualcuno non disinteressato disposto a crederci). Peccato che ad ogni “progresso tecnologico” (che significa prezzi più bassi pagati agli allevatori ed esternalità negative sempre più pesanti pagate dalla società) tutto torni peggio che prima motivando la ricerca di nuove tecnologie, di nuove ricerche ecc.
L’etica non esiste in certi ambienti politici, burocratici e accademici. Ma questa è storia vecchia.
Però tutta la storia che sentiamo da anni “il digestato è virtuoso”, “il digestato non è rifiuto”, “il digestato è meglio dei liquami” oggi scricchiola in forza della poca propensione della Commissione Europea ad accettare i giochi di prestigio italiani. Ci voleva comunque poco a capire che un biogas fatto per la maggior parte da biomasse diverse dai liquami zootecnici anche nelle aziende zootecniche (università e regione fanno finta che l’acqua fermenti e sia un solido volatile confrontando il peso tal quale della biomassa) produceva la necessità di smaltire più azoto di prima. Poi l’esperienza di abitanti, agricoltori onesti , ambientalisti non prezzolati ha insegnato che non solo la quantità di azoto da smaltire aumentava ma che le grandi quantità di digestato prodotto (un prodotto ricco di acqua e dai costi elevati di trasporto) inducevano a farlo sparire in un raggio il più possibile vicino alle centrali. Fregandosene delle estensioni di terreno, dello stato dei terreni, del clima, della stagione, della pedologia, dell’altezza della falda, di tutto. A tutto ciò si deve aggiungere che la speculazione biogassista ha fatto sì che aziende pseudoagricole a caccia di biomasse si rifornissero a notevole distanza di “biomasse vergini”, distanze alle quali il digestato non fa il percorso inverso di sicuro. Di più: scarti vari e rifiuti non corrispondono ad una fonte agricola cui può essere ritornato l’azoto ma una immissione netta di un surplus nel ciclo agricolo già sovraccaricato di elementi nutritivi. Ma l’agroecologia pare materia facoltativa.
Ora, finalmente, è arrivato il parere della Commissione UE sulla bozza di Decreto Interministeriale Agricoltura/Ambiente di modifica del DM 7/4/2006 relativo all’utilizzazione agronomica degli effluenti, che era stato inviato a Bruxelles qualche mese fa. La Commissione ha di fatto posto il veto alla proposta italiana (lombarda di fatto) di equiparazione del digestato ai concimi di origine chimica, giudicandola in contrasto con la Direttiva Nitrati. Infatti la Direttiva, quando definisce gli effluenti, parla di “deiezioni del bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato” e stabilisce un limite di uso di 170 Kg/ha/anno; la proposta italiana di fatto esonererebbe in modo criminale (considerando lo stato delle acque in molte aree di pianura lombarde) l’“effluente digestato” dal rispetto di tale limite. Il MIPAAF ha deciso quindi di stralciare dal Decreto l’articolato relativo al digestato, così da poter adottare il Decreto stesso (approvazione che non potrà comunque avvenire prima del 1/2/2016); in una seconda fase valuterà la possibilità di predisporre un Decreto relativo esclusivamente al digestato per definire i casi in cui il digestato può essere equiparato ai concimi chimici, ovviamente tenendo in debito conto delle osservazioni della UE.
Che si tratti di qualità dell’aria o delle acque la posizione “italiana” è sempre la stessa. Prima gli interessi della speculazione poi quelli della salute e dell’ambiente
http://sgonfiailbiogas.blogspot.it/2016/01/biogas-manovre-italiane-sul-digestato.html

Di cinzia